BOFFETTO (BUFE'T)

Boffetto (m. 327) è una frazione di Piateda che si trova ad est di tale centro, in una caratteristica posizione, quasi addossata al versante orobico e tagliata in due dal corso dell’Adda. Si tratta di un borgo che conserva ancora qualche tratto medievale, con le abitazioni che si stringono a mutua protezione e con il suggestivo ed antico ponte in pietra che congiunge le due sponde dell’Adda.

In passato godette di notevole importanza, sia per la presenza del ponte, importante nodo nel sistema di comunicazioni della media Valtellina, sia per le attività artigianali legate alla lavorazione del ferro, da cui, forse, trae origine il nome : infatti il termine dialettale “bufèt” significa soffietto da focolare o anche da fucina, attrezzo che permetteva di soffiare sul fuoco per tenerlo vivo.


CHIESA DI SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA

La sua erezione ha avuto inizio verso gli ultimi anni del Trecento come testimonia un lascito risalente al 1423 per l’acquisto di un messale che doveva rimanere nella “nuova” chiesa di Santa Caterina di Boffetto.
È la chiesa Parrocchiale ufficiale. Ha sull’architrave d’ingresso la data 1695, è stata restaurata nel 1792, decorata nel 1960 e consolidate le fondamenta negli anni ‘90. La facciata barocca è assai mossa con sei lesene e otto nicchie con dipinte figure di Santi. L’interno, a una sola navata, è molto ricco con quattro altari laterali oltre al maggiore. Quest’ultimo è sormontato da un’ancona lignea policromata e dorata, adorna di statue e angioletti (XVII). Gli altri altari sono adorni di begli stucchi del secolo XVII. Sul primo a s. vi è una tela con la Discesa dello Spirito Santo (XVII), sul secondo a s. un’altra tela con la Madonna con Gesù Bambino, un santo e angeli (XVII). Nel presbiterio vi sono un affresco staccato (XVI) con i SS. Sebastiano e Rocco e un dipinto a olio rappresentante la Crocefissione, di buona fattura (XVII/XVIII). 

Tra gli arredi sacri si ricordano una croce processionale in lamina di rame dorato (XV) e un’altra in argento, assai pregevole, del 1541.

CHIESA DI SAN PIETRO MARTIRE

Cà d’Arigna. Chiamata Gesöla, risale al Quattrocento e porta sul portoncino d’ingresso laterale, un tempo riservato agli uomini, la data 1703. Lo stile sobrio la caratterizza; faceva parte di un complesso militar-religioso sorto a supporto degli interessi legati ai passaggi obbligati sul ponte dell’Adda di persone e materiali.
L’origine antica si deduce dalle strutture di base del muro perimetrale rivolto verso l’Adda realizzato con conci possenti rozzamente squadrati che fanno pensare ad un edificio fortificato. Il campanile si leva da una torre evidentissima nella sua sagoma estremamente semplice con blocchi enormi che fanno da contrafforte alla base, in cui si apre una piccola monofora rettangolare con un profondo sguancio costituito da tre sole pietre, secondo i canoni delle tecniche architettoniche più arcaiche. Pare di riconoscere incorporato nella chiesa uno di quei castelli di cui parlano gli storici in altri documenti.
All’interno del massiccio campanile trova spazio una piccola campana risalente all’anno 1738. 

Le effigi, molto rovinate e di semplice fattura, riportano le figure del Crocefisso, della Madonna col Bambino e di S. Pietro Martire.

ORATORIO DI SANTA MARTA

È quasi attiguo alla Parrocchiale di S. Caterina. Ai primi del Seicento esisteva la confraternita di Santa Marta che aveva un proprio sepolcro comune dove venivano sepolti i confratelli. 

Poco discosta dalla  Chiesa Parrocchiale si trova la 

cappelletta di S. Giovanni Nepomuceno, 

patrono dei sacerdoti confessori, dei pellegrini e dei navigatori e qui da noi invocato contro le esondazioni dei fiumi. È una struttura in muratura, di poco più di un metro quadro di base e un paio di metri d’altezza, eretta dagli abitanti del borgo per essere protetti dalle acque dell’Adda.
La nicchia, riparata da una grata metallica, contiene un dipinto raffigurante il Santo in cotta e stola, il capo aureolato senza berretto. Egli volge gli occhi verso l’alto e con la mano sinistra regge un nastro con il motto latino “Tacui”: ho taciuto. In basso sono dipinti un ponte e il campanile della vicina parrocchiale. La statua di san Giovanni in gesso – altezza cm. 115 –  presenta il santo con veste, cotta, stola, casula, tricorno e pure il pallio, il nastro di lana che dalle spalle scende sul petto, propriamente spettante ai vescovi metropoliti. È un’opera di fine Ottocento.